Informazione come dare forma
In realtà quel che facciamo attribuendo a gruppi di stelle le figure delle costellazioni è scrivere sul cielo, cioè usare la lingua come parola scritta.
La lingua è il veicolo della comunicazione. Gli avvenimenti significativi, quelli che emozionano, sono riportati da bocca in bocca. Una volta, in altri tempi, i viaggiatori erano importati perchè attraverso i resoconti, tessevano nuovi legami tra i popoli. Ancora oggi, peraltro, la sorgente più veloce della comunicazione è la parola parlata e ascoltata - al telefono, alla radio, alla televisione.
La parola scritta ha un vantaggio su quella parlata, per quanto attiene la natura comunicativa del linguaggio - il suono si spegne rapidamente, il segno scritto permane più a lungo. Scrivere, dirò così, obbiettivizza l'informazione – non impegna la memoria, può essere capito con un sguardo e permette una verifica ad ogni momento.
Del resto, la scrittura ha una storia singolare. Gli scritti più remoti che conosciamo sono dei disegni, dei dipinti. Gli geroglifici egizi, i caratteri sumerici, come gli ideogrammi cinesi sono segni scritturali che, almeno in origine, hanno il loro significato nel rappresentare, per similitudine, un oggetto o un processo osservabile - essi risultano da un processo d'astrazione minimo: ogni segno si riferisce al significato di una singola parola.
Un salto senza precedente nell'astrazione è stato compiuto quando gli Akkadians usarono i segni dei Sumeri, non in accordo con il loro significato ma bensì in relazione al suono della parola. Quel salto ha generato la scrittura sillabica e successivamente quella alfabetica, dove il segno scritto non sta per il suo significato ma per il suono della parola.
Qualcuno potrebbe chiedersi se sia proprio corretto chiamare più astratta una comunicazione che si struttura attorno a suoni piuttosto che ad immagini - in fondo il suono, rispetto al significato, ha qualcosa di più palpabile, sensuale.
Certo è così: il suono è più concreto del significato; ma l'uso della parola come segno staccato dal suo referente, dotato di un corpo proprio, una sonorità dalla quale si è ormai dileguato ogni significato - quest'uso può, a ragione, essere giudicato astratto; ed il suo risultato è un maggiore grado d'astrazione; infatti, le lingue alfabetiche permettono agevolmente di nominare oggetti o processi che non hanno alcuna corrispondenza con il reale esperibile.
Per riprendere, dopo questa lunga digressione, le considerazioni astronomiche, la lingua scritta che adoperiamo quando rintracciamo nel Cielo le costellazioni non è quella che ha effettuato il salto d'astrazione divenendo lingua alfabetica; ma piuttosto è quella dei geroglifici, quella modulata dalla vista e non dall'orecchio.
Attribuendo dei nomi-figure a gruppi di stelle noi informiamo il cosmo, nel senso di dargli una forma. Del resto, il significato originario del termine latino “informare” è quello di “modellare”, “dar forma”, “dare l'immagine”; mentre il significato metaforico corrisponde a “modellare nella mente”, “darsi una rappresentazione mentale”; ciò equivale ad affermare che la parola “informazione” può essere capita solo all'interno della coppia terminologica “forma e materia”.
Le costellazioni sono raggruppamenti arbitrari di stelle ai quali viene assegnata per similitudine una forma, una struttura, una immagine. Questa immagine può riferirsi alla forma di qualsiasi oggetto o evento percepibile dai sensi e capace di assumere una configurazione riconoscibile dal locutore. Dare i nomi alle costellazione vuol dire assegnare loro delle forme. Le forme possono essere percepite, capite ed anche pensate. Ma esse non sono meri atti di pensiero; piuttosto ciò che è conosciuto mediante l'atto di pensiero, sono ciò che il pensiero pensa, ciò che è comunemente pensabile, nel senso che due diverse persone possono avere in comune lo stesso pensiero.
Le costellazioni fanno lievitare il Cielo, rendendolo un racconto dei gesti degli antichi Dei, degli atti dei culti dispersi, delle ferina bellezza degli animali. Già in età arcaica, il giovane greco colto che guarda il Cielo notturno lo legge come fosse un fumetto che narra luoghi fondativi della sua vita quotidiana.
Le costellazioni sono geroglifici della lingua astronomica; esse sono la sovrapposizione di forme linguistiche a forme che linguistiche non sono. Va da sè che è proprio della natura del pensiero linguistico - articolato dalla lingua - di cercare quegli aspetti, nelle enormi varietà naturali, che presentano similitudini con i nomi: noi inseguiamo le forme nella natura e, naturalmente, riusciamo ad afferrarle.
Siamo di fronte ad una elaborazione epistemologicamente ingenua che assegna categorie linguistiche ad un mondo dove non v'è nessuno che parla o ascolta, nessuno che abbia niente da chiedere, nessuna risposta degna d'essere ascoltata.
Va tuttavia osservato che spesso, nella storia della conoscenza umana, i modi di pensare ingenui si sono rilevati i più potenti. Si pensi alle applicazioni dell'informatica alla genetica: qui sono state scoperte le lettere con le quali è scritto il codice genetico, quattro lettere, ognuna formata da un particolare composto chimico, determinano attraverso le frasi-sequenze grammaticalmente corrette, il fenotipo individuale. Ma anche in questo caso come per le costellazioni, non v'è nessuno che parli o ascolti. Le cose si svolgono come se, come se quel gruppo di stelle raffigurasse uno scorpione, come se il cromosoma parlasse ed il corpo crescesse ascoltando obbediente.